L’aeroporto di Diyarbakir non è piˋu lo stesso. Nel senso che ne hanno proprio aperto un altro. In Sono una giornalista lo descrivevo come “un aeroporto originariamente militare, e dalle dimensioni davvero minuscole, con solo due gate per le partenze e uno per l’arrivo”. Ecco, quello nuovo, che pure resta piccolissimo, rispetto all’altro pare un hub internazionale. Mi azzarderei a dire che è possibile che i gate siano addirittura piˋu di tre, ma non ho avuto modo di verificare.
Il volo Turkish Airlines è stato puntualissimo, siamo arrivati alle 00.40 locali come previsto, le 22.40 in Italia. O in Francia, da dove veniamo io e i miei tre compagni: Thierry, co-presidente di Amitiés Kurdes de Lyon, e due nuovi adepti dell’associazione, Gilles e Ian.
La giornata è stata lunga. MOLTO lunga. Avevamo appuntamento alle 9 al check-in. Io alle 9 avevo già cercato, senza successo, di ritirare soldi al bancomat, fatto pipˋi due volte, attraversato l’interminabile corridoio che portava dalla hall A alla hall B, controllato dove si trovasse lo sportello del check-in, ero tornata indietro per verificare che l’edicola non vendesse carte miniSD, avevo preso un tè Earl Grey con latte e li stavo già aspettando da diversi minuti. Loro alle 9 partivano da Villeurbanne. Alle 10.50 io ero al gate preoccupatissima immaginandomi i loro corpi sanguinanti fra lamiere immancabilmente contorte dopo un incidente d’auto, quando si sono presentati bel belli come se nulla fosse.
A Istanbul abbiamo dovuto attendere 5 ore. Ne ho approfittato per comprarmi una sim turca, venendo imitata a ruota da un Thierry precedentemente scettico e un Gilles affascinato dalla nuova esperienza (“Ah, ma ci sono tre formati di sim?”). Mentre sorseggiavamo limonate e cioccolate, giunge una notizia funesta. Ian ci informa che Pinar Selek, dopo 4 assoluzioni, rischia di essere condannata al carcere a vita.
Pinar Selek è una piccola star in Francia, in particolare fra gli ambienti anarchici, ma non solo. Sociologa turca di fama internazionale, è rifugiata politica in Francia per sfuggire all’accusa di aver messo una bomba al Bazar delle Spezie di Istanbul in complicità con il Pkk. L’accanimento giudiziario ha raggiunto ormai la Corte Suprema, che pare intenzionata nei prossimi giorni a rilasciare un verdetto di colpevolezza. Selek, che oggi vive a Nizza, non teme tanto per se stessa, che pure ha già sofferto le torture delle carceri turche, quanto per la sua famiglia: la sentenza prevederebbe infatti anche il risarcimento dei danni provocati al bazar. Una sentenza che sembra voler mandare un messaggio al governo francese.
Al momento sto quindi cercando di lavorare su questo versante. Ma nel frattempo si sono fatte le tre e mezza di notte, e devo alzarmi alle 7. Chiudo quindi regalandovi qualche immagine della mia umile stanza a Diyarbakir, non lontano dalle mura che circondano Sur. Siete tutti invitati.